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La Previsione in Psicoterapia

E’ possibile fare previsioni in psicologia? Dipende da tanti fattori, come pure da come poniamo la domanda e a cosa si riferisce. A cosa ci serve fare previsione in psicologia? Ci riferiamo alla richieste del paziente o alle esigenze epistemologiche del modello teorico? Parliamo di previsione in clinica o nell’impianto teorico del modello adottato? Andiamo per gradi. La previsione è un concetto molto delicato ed estremamente connaturato nella psicologia dell’uomo. Sembra che non possiamo farne a meno di produrre futuro, specialmente quando si tratta di sofferenza in ambito psicopatologico. Una delle domande più importanti nella richiesta di aiuto in clinica è se si guarirà. Quale previsione, quale sviluppo. Domanda che bisogna ascoltare e soppesare. La psicoterapia non è una scienza esplicativa che permette previsioni certe. La realtà che affronta è di natura probabilistica in cui il caso e necessità si intrecciano da rendere difficilissima la risposta.

Quando parliamo di previsione abbiamo in mente una carrellata di immagini e piccole storie di come le cose si metteranno in futuro, di come andrà a finire. Il potere implicito della (presunta) libertà di poter intervenire preventivamente alfine di evitare certi disastri. Però in psicoterapia questo non avviene. Descrizione, spiegazione e previsione non si sovrappongono come accade in fisica (fino ad un certo punto). Il fenomeno che descrivo nella persona è una parziale osservazione in cui sono coinvolto, sicché quando parlo di realtà psicologica mi trovo a demarcare un confine importante con le scienze dure. La realtà non ha possibilità di essere oggettiva, ma è parziale, selezionata, costruita e condivisa. Lo psicoterapeuta in altre parole non può permettersi di uscire fuori dal sistema terapeutico, perché quanto osserva e descrive non è là fuori, esterno e pronto ad essere osservato imparzialmente. La descrizione è organizzata da tutte e due gli attori terapeutici, cioè è condivisa con temi dell’uno e dell’altro e se in fisica possiamo ancora permetterci di idealizzare il mondo emarginando il rumore, in psicologia quel rumore è parte integrante dei fenomeni psicologici.

Il confronto con le scienze dure è illustre e competitivo, nelle quali la previsione è incardinata in modelli teorici e in linguaggi logico matematici tali da spianare certe complicazioni che ritroviamo invece nella psicologia. Per certi versi la previsione in fisica di una mela che cade sulla testa di Newton fornisce un esempio di come ciò che osserviamo, realtà e fenomeno vanno a combinarsi punto a punto, come la chiave in un buco di serratura. Gli elementi visivi sono quelli che catturiamo con i nostri occhi, dati che acquisiscono valenza teorica all’interno di un modello verificabile e condiviso, così da descrivere e spiegare quasi allo stesso tempo, assicurandoci di anticipare cosa avverrà e cosa è stato allo stesso tempo. La mela di Newton ha senso, sbatte in testa e risolve il rompicapo. Beninteso, questa è una esemplificazione operativa per spiegare quanto nella pratica clinica le cose siano decisamente diverse.

In psicoterapia trattiamo fenomeni interni, pensieri umani e sentimenti che non possiamo osservare se non nella loro espressione emotiva. Gli stati esterni del corpo sono segnali importanti che ci aggiornano continuamente ma non concettualmente. Il linguaggio ci viene in aiuto e la pragmatica della comunicazione umana permette un salto di conoscenza reciproca in più. Questo è il punto che voglio sottolineare: in psicopatologia cioè nella pratica clinica ciò che conta è la reciprocità in atto fra paziente e terapeuta, in cui i discorsi tematici, narrativi e storici cooptano, si intrecciano.

Ma questo è scandaloso direte. Dal punto di vista medico e del buon senso comune il terapeuta non dovrebbe mettere in mezzo se stesso ma liberarsene per osservare in modo chiaro e oggettivo chi gli sta davanti. E sosterrete che questa condizione professionale imparziale, privilegiata e neutra, è raggiunta grazie ad una precedente terapia personale del terapeuta nel suo percorso formativo. Ma questo è un mito. Implica una serie di stranezze e illogicità cui già mi sono soffermato in altri post ma che ci tornerò di nuovo.

Nel dialogo terapeutico per leggere le storie del paziente l’osservazione è a metà strada tra i partecipanti, permessa dal linguaggio, dalle emozioni reciproche e descritto da modelli di psicologia empirici che presuppongono una integrazione fra osservatore e osservato. Così la previsione passa dalla linearità classica, in cui descrivo causalmente il mondo e lo posso prescrivere, alla costruzione del mondo casuale tra noi, continuamente aggiornata e resa condivisibile dalla parola, in cui si è responsabili in prima persona. Se vuoi vedere, impara ad agire (Von Foester).

11 risposte su “La Previsione in Psicoterapia”

Sì, ricevuto proprio questo. Non so cosa dirti. Da un po' di tempo che sto pensando di migrare in altre piattaforme. Prova comunque a lasciare il tuo commento, ci conto!

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E' tardi, cerco di mettere insieme il filo del discorso, scusami se vado fuori tema. Io ho ringraziato. "è stato tutto merito tuo mi hanno detto". E' un dare e ricevere, è lasciare che tu sia pronto a ricevere aiuto ma nel frattempo metterti in discussione nella tua totalità. La gestualità è importante. Ho capito molte cose anche soltanto facendomi notare delle cose. Ad esempio ridere sempre mentre raccontavo tragedie.

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Nei rapporti umani ci sono due versanti strettamente dipendenti l'uno all'altro: la relazione e il contenuto. La relazione fa riferimento a quanto non è esprimibile in parole e concetti ma ad aspettative, scenari, emozioni, sguardi, muscoli, silenzi. Con il contenuto invece si intende il tema della comunicazione, parlato, concettualizzato, argomentato, discusso, verificato, organizzato in personali punteggiature. Sono fuori tema anche io, ma ho cercato di sintetizzare alcune impressioni ricevute da questa tua piccola intensa esperienza che hai condiviso qui.

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Guarda, in sostanza ti volevo semplicemente dire che secondo me una scienza é tale quando ha un oggetto di scienza, il che potrebbe sembrare una tautologia, se non fosse che oggi anche la matriciana o la pizza margherita sono considerate oggetto di scienza. Io ho provato a fare la domanda "qual é l´oggetto di scienza della psicologia?" a numerosi psicologi, con il risultato che mi é sempre arrivata indietro una risposta diversa.Il vero punto tuttavia sta nel chiedersi se una classificazione cosí rigida delle scienze sia davvero utile all´umanitá. Nel senso che anche una scienza debole o una disciplina che scienza non é possono tranquillamente servire al progresso dell´umanitá al pari delle discipline epistemologicamente piú "forti".PS: ti prego, passa a WordPress, fidati. Quando l´avrai fatto provvederó ad aggiornare il link che ti ho messo sul nostro blog. 😉

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Non so se una distinzione rigida delle scienze sia utile all'umanità. Per lo meno sono sicuro che una certa rigidità sia sempre controproducente nella ricerca. Sono d'accordo con te. Da questo punto di vista, aggiungo, che avendo due storie così diverse e scopi non sovrapponibili, non possiamo non notare quanto sia diverso il discorso di una scienza dura come la fisica o la cosmologia rispetto alle scienze sociali. Due mondi diversi, ma strettamente interdipendenti. Non a caso a mio parere proprio l'interdipendenza ha arricchito le scienze sociali con le scienze dure trasformandole in scienze della vita. Non so se sia per il progresso dell'umanità, io spero di no, quanto piuttosto per una possibilità in più di far male meno a se stessi allo stesso modo che agli altri.Forse il mondo delle scienze classiche (la meccanica dinamica di Newton) sognava un progresso all'insegna della possibilità di poter prescrivere come dovrebbero andare le cose (sino alle ambizioni positivistiche). Un tranello che certa psicologia cognitiva ad esempio non ha evitato.Infine la storia della psicologia è stata "sommersa" dall'opera psicoanalitica, con tutte le conseguenze vantaggiose e svantaggiose del caso. Ecco perché gli psicologi danno risposte diverse sull'oggetto del loro mestiere. Le psicologie inoltre si occupano della mente in maniera operativamente differente rispetto alla psicoterapia. La psicologia come scienza empirica (non formale, logico- matematica) cerca di costruire validi modelli su come funzionano i fatti mentali attraverso approcci interdisciplinari.La psicoterapia, nella sua prassi clinica, nei sui differenti approcci teorici (troppe scuole e modelli formativi!) si occupa dell'uomo utilizzando lo "spirito" multidisciplinare della psicologia e ridefinendo potentemente le proprie basi epistemologiche, senza spericolate prescrizioni.

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Alla fine torno a dire che la differenza tra scienze sociali e scienze forti é nell´oggetto di scienza, piú che nel metodo. Il relativismo epistemologico ci insegna che anche la astrofisica tolemaica era "fisica". Il fatto é che secondo me "il metodo unico" non esiste e quindi anche la fisica di ieri puó apparire oggi una bellissima e fantastica storia, al pari di tante cose che vengono presentate nelle scienze sociali. In questo tutte le scienze sono comuni, poiché tutte le teorie che presentano sono comunque congetture, ma é l´oggetto che le differenzia. Il problema della psicologia é che nessuno sa che cosa sia le mente, un pó come nessuno sa che cosa sia la societá. E se é possibile affermare che la societá sia un ente metafisico e nello stesso tempo che non esista, se é possibile dire che la mente é il sistema nervoso come che é una realtá metafisica separata da esso, allora forse dovremmo ripensare alla definizione di sociologia e psicologia come "scienze".Ma a questo punto sorge la domanda: se fossero filosofie e non scienze, sarebbero per questo inutili? Cioé, in altre parole: é necessario seguire il ricettario di Popper per essere utili all´umanitá?

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Concordo con te, non esiste un metodo unico e ogni disciplina quanto meno empirica lungi da presumere di possedere un metodo sperimentale universale a cui sottoporre regole e procedure, fondi il proprio metodo(sulla base di una valida riflessione epistemologica) entro il proprio universo di riferimento, contestuale, locale, geograficamente e storicamente vincolato.@Il problema della psicologia é che nessuno sa che cosa sia le menteQuesta è una affermazione piuttosto "provocatoria", in realtà tutti sanno darti una definizione di mente, bisogna poi vedere in ambito di ricerca o di produzione di modelli come (metodologicamente) abbinano numeri (statistica) a cose umane (psicologia e comportamento)Riguardo all'ultima domanda (un po' difficile capirne i presupposti), non penso che si possa fare confusione tra scienze e filosofie.Forse uno dei punti più chiari che distingue una disciplina empirica da una non empirica è la riflessione epistemologica che pone vigili demarcazioni tra filosofia e ricerca scientifica.

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"Questa è una affermazione piuttosto "provocatoria", in realtà tutti sanno darti una definizione di mente"Come ti dicevo sopra, le definizioni di mente sono molteplici, proprio perché ci sono numerose scuole di pensiero a riguardo e in filosofia della mente il problema piú grave da affrontare é proprio "che cosa sia la mente". In neuroarcheologia, ad esempio, noi stiamo cercando di ridefinire un nuovo concetto di mente in una prospettiva radicalmente esternalista, che coinvolge dentro la mente anche la realtá materiale esterna. Moltissimi psicologi e neurologi sono invece meri internalisti e danno una definizione di mente radicalmente diversa da quella che poniamo noi.Questo per darti un esempio di come la mia affermazione non sia provocatoria, ma terribilmente realista.Quanto al punto finale, filosofia vs scienza, mi sono sempre chiesto se esista davvero una rigida demarcazione epistemologica che pone demarcazioni tra filosofia e scienza.http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Feyerabend

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Attualmente nel panorama della psicopatologia uno degli argomenti più scottanti è la coscienza, che personalmente mi appassiona di più del concetto della mente. Sulla distinzione tra esternalisti e internalisti (quanto meno termini poco attraenti foneticamente) non so fino a che punto sia pratico porre così la questione. Hai ragione comunque, molti psicoterapisti e psichiatri fondano ancora la propria pratica su modelli "interni" o,meglio, intrapsichici. Attualmente sul filo del mio stesso orientamento post razionalista la coscienza (ma la stessa mente) è connotata nei modelli psicopatologici (dentro una epistemologia evoluzionistica) da una natura essenzialmente relazionale, interpersonale (pensa fino a che punto siamo lontani dallo stesso Freud!).Riguardo al tuo interrogativo finale, mi rendo conto che rimanda a considerazioni di ampio respiro, che nello spazio di questi commenti rischiano di stabilire confini troppo netti. Nondimeno, nella storia della ricerca scientifica, il discorso epistemologico ha una sua ragionevole attenzione a non far confusione tra speculazioni, che non perdono di dignità conoscitiva, e ricerca scientifica empiricamente vincolata.

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